Archivi del mese: ottobre 2007

A Cherasco (CN), “Langhe=Klondike”

Ricevo&segnalo un evento veramente particolare, per la sua “amenità” primaria e per il sostanzioso senso “eco-filosofico” che poi rivela…

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LANGHE=KLONDIKE: CARLO MARIA MAGGIA PROPONE UN TARTUFO D’ORO
inaugurazione giovedì 1 novembre 2007 | ore 17.00 | evvivanoè | cherasco (cuneo)

Il tartufo -in particolare quello della migliore qualità, cioè il tartufo bianco di Alba- viene presentato intenzionalmente e provocatoriamente da Maggia come un simbolo, quasi un feticcio divinizzato, che deve suscitare una particolare “adorazione” reverenziale. L’operazione artistica, oltre a un aspetto indubbiamente ludico dichiarato fin dal titolo della mostra, ha un senso simbolico complesso e serio. Se da un lato il visitatore può divertirsi a immaginare le tranquille colline delle Langhe come l’avventuroso territorio canadese dello Yukon invaso dai cercatori d’oro intorno al 1900, dall’altro lato la comparazione ovviamente paradossale serve a far riflettere sui valori nascosti che la natura fa crescere sotto terra, la cui qualità autentica va preservata e difesa da ogni forma di sfruttamento sconsiderato”.
Francesco Poli

Una scultura d’oro, raffigurante un tartufo di dimensioni straordinarie, sarà presentata sotto un’apposita teca posta al centro dello scrigno espositivo di “evvivanoè esposizioni d’arte”, galleria in Cherasco (Cuneo) punto di ritrovo nel cuore delle Langhe per collezionisti e appassionati d’arte.
L’opera del poliedrico artista Carlo Maria Maggia costituirà l’elemento fondante della personale dal titolo “Langhe=Klondike”, organizzata in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura della Città di Cherasco e inserita nel programma della Fiera Internazionale del Tartufo Bianco di Alba.

Carlo Maria Maggia, nato a Torino nel 1964, dall’età di otto anni dipinge a olio, tecnica insegnatagli dalla nonna pittrice. Corre in moto e nei rally; progetta giardini, scrive libri, articoli e ricerche nel campo del Verde e dello sfruttamento eco-compatibile delle risorse. A trent’anni fonda l’Officina dei Giardini, occupandosi della progettazione di apparati decorativi per esterni ispirati alle strutture settecentesche (giardini d’inverno, padiglioni, tende.). Viaggia molto, occupandosi in particolare di esplorazioni botaniche in posti incontaminati del mondo. Vive nel ponente ligure, dove porta avanti le sue ricerche e la sua carriera artistica.
Ha scritto “Giardini d’inverno” (Umberto Allemandi), ha collaborato al libro “Jardin des Alpes” (Leonardo Mondadori International) e scrive sulla rivista Gardenia. Ha realizzato numerose performance di “land art” in tutto il mondo, alcune delle quali in collaborazione con Wwf, Terra Madre Slow Food e Fiera Internazionale del Libro. Sue mostre personali e performance sono state ospitate in prestigiose gallerie, musei, palazzi e altri luoghi d’arte, a partire dalla Biennale di Venezia. Dei suoi interventi artistici si sono occupate le più importanti testate di settore e di informazione nazionali, la Rai, ecc.
Queste le principali mostre e performance: Anno 2005: Forte dell’Annunziata (Ventimiglia); fiume Tagliamento. Anni 2006: Libreria Mood (Torino); galleria Hetre (Torino); Carnet de Voyage (Fiera Internazionale del Libro, Torino); Land Art in Nature (Terra Madre, Torino); Casinò di Montecarlo (Principato di Monaco); The Collection (Londra). Anno 2007: Cow Parade (Milano); Contemporaneamente Sacro (Tiscali Arte); The British Museum of Erotic Art (Londra); Parco Vallere – Festa di Primavera del Fai (Torino); Orticola (Giardini Palestro di Palazzo Dugnani, Milano); Anatema (Teramo); Africa Today (Biennale di Venezia); Unreal Flower (My Own Gallery, Milano); Nuove Radici (Villa Cernigliaro, Biella); Art in Nature e sculture marine (Accademia Balbo, Bordighera); Turris Babel (Pietrasanta); Neue Kunst in Alten Kulturlandschaften (Potsdam, Germania); Langhe=Klondike (evvivanoè esposizioni d’arte, Cherasco).

Carlo Maria Maggia. Langhe=Klondike
Dal 1 al 25 novembre 2007
Patrocinio Città di Cherasco
Testo critico Francesco Poli
Orari Mercoledì-Domenica 16-19
Ingresso Libero
evvivanoè esposizioni d’arte
via Vittorio Emanuele 56, Cherasco (Cuneo)
telefono 0172-489508

www.evvivanoe.it
esposizioni@evvivanoe.it
www.carlomariamaggia.it

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Arto Paasilinna, “Lo Smemorato di Tapiola”

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Beh, che dire/scrivere di questo libro di Arto Paasilinna?… Ciò che potrei dire/scrivere (e ho già scritto) riguardo gli altri volumi letti dello scrittore finlandese, con solo piccole, forse irrilevanti variazioni… Ma, attenzione: se una tale peculiarità rappresenterebbe un difetto per una vasta schiera di scrittori contemporanei, per le opere di Paasilinna diviene un rimarchevole e quasi necessario pregio, ovvero la base del suo particolare, bizzarro, molto nordico stile letterario. Così, Lo Smemorato di Tapiola è l’ennesima storia costantemente in bilico tra follia e riflessione, o meglio capace di far riflettere su certe realtà della condizione umana attraverso narrazioni di eventi dalla natura apparentemente opposta cioè folle, divertente, assurda e per certi versi surreale: è la vicenda di un uomo qualunque (dunque identificabile con chiunque, lettore in primis: altra peculiarità dei libri di Paasilinna) con problemi di memoria, che verrà aiutato da un altro uomo qualunque, il quale in maniera del tutto casuale diverrà il suo più grande e importante amico: insieme vivranno una girandola di eventi incredibile (altra dote paasilinniana) e, appunto, basata sulla casualità del loro accadere, fino alla conclusione che tale non è, ma è più una puntualizzazione dello stato di fatto della vicenda narrata la quale invero potrebbe anche continuare all’infinito… Le opere di Paasilinna non sono capolavori, ma per il semplice motivo che non lo vogliono essere, non nascono per esserlo; la loro essenza è diversa, più naturale, per così dire e nell’accezione più completa del termine: narrano della natura umana nella forma più semplice e genuina, dunque più profonda, della Natura viva e sempre presente del paesaggio nordico, dei suoi abitanti – e che siano umani o animali in effetti non cambia nulla, perché entrambi sono presenze attive di quel paesaggio, di quel mondo narrato – e narrano della natura delle cose che compongono la piccola, semplice realtà quotidiana, forse banale ma inevitabilmente importante dacché dimensione primaria di vita… Eppoi sono opere meravigliosamente divertenti, ironiche, a volte sarcastiche senza mai essere volgari, pesanti, ruffiane: Paasilinna sembra volerci dire che è nel mondo vicino a noi che si può trovare l’essenza dell’intera, universale realtà, il sorriso, la riflessione, la bellezza, le cose importanti per la nostra vita, e lo fa con il suo particolare e – come già detto – molto nordico stile, all’apparenza freddo e distaccato (egli scrive di gioie come di dolori nello stesso identico modo: trovo questa sua dote estremamente ammirevole, non va alla ricerca dell’emozione forzata come moltissimi altri più osannati scrittori contemporanei, dallo stile sincero come banconote da 3 euro!) ma in realtà spensieratamente appassionante e tutto sommato realisticamente disincantato come dovrebbe essere, per preziosa virtù, lo sguardo d’un individuo intelligente e libero verso la realtà contemporanea… Eppoi, i finali dei libri di Paasilinna sono assolutamente meravigliosi, degne ciliegine su torte di squisita fattura e gustosa lettura! Lo ripeto: non sono “capolavori”, e non sono Rushdie o Saramago, ma quanti altri celebrati titoli nel complesso non sanno intrattenere come lo sa fare Paasilinna!…
Da leggere. Punto.

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A Bologna, presentazione di “Profondo Rock”

Ricevo e pubblico (con piacere questa volta perchè l’evento interesserà molti appassionati di buona musica italiana, ovvero non certo quella che si trova nelle hit parade…):

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MARTEDI 30 ottobre 2007, ore 18.00, presso MODO Infoshop Interno 4 Bologna, Via Mascarella 24/b, Bologna:

Profondo Rock
Claudio Simonetti tra cinema e musica da Profondo Rosso a La Terza Madre

Prefazione di Dario Argento (Coniglio editore, 2007)

Incontro con l’autrice Gabrielle Lucantonio e Claudio Simonetti.
Durante l’incontro verranno proiettati alcuni videoclip, tra i quali Skywalker e Demoni.

Profondo Rock è una biografia analitica, un viaggio nel mondo di uno dei più importanti compositori del nostro temp il Maestro Claudio Simonetti. Autore di spicco nel campo delle colonne sonore, è entrato di diritto nella storia del cinema grazie alle musiche ideate per i film di Dario Argento (il cult Profondo Rosso, il cui tema musicale è l’emblema stesso degli horror-movies, ma anche Suspiria, Tenebre, Phenomena, Opera, Nohosonno, Il Cartaio, Jenifer, Pelts fino a La Terza Madre). Il nome di Simonetti è strettamente legato alle pellicole dell’orrore, le sue partiture hanno avuto un peso importante nella realizzazione di film che sono riusciti a segnare l’immaginario del grande pubblico come Zombie di George A. Romero, Demoni di Lamberto Bava o Inferno in Diretta di Ruggero Deodato. L’autrice ha incontrato oltre trenta collaboratori o amici del Maestro – dai membri dello storico gruppo Goblin a Dario Argento, dalla cantante Vivien Vee al complesso Daemonia, passando per le dichiarazioni esclusive che hanno rilasciato registi del calibro di Ruggero Deodato ed Enzo G. Castellari, proprio per questo volume – oltre ad aver effettuato accurate ricerche per fare luce su quella che è stata la produzione extra-cinematografica di Simonetti (direttore d’orchestra in programmi televisivi, pioniere della discomusic italiana nelle vesti di produttore del gruppo Easy Going). Oltre l’icona, oltre il musicista: Profondo Rock cerca di delineare il profilo di un grande artista, un uomo che è riuscito a far tremare mezzo mondo…

Gabrielle Lucantonio è nata ad Argenteuil (Francia). Laureata in Lettere Moderne a Parigi-Nanterre e con una formazione di sceneggiatrice, è critico cinematografico e musicale. Ha tenuto dei seminari sulla sceneggiatura e il cinema francese presso l’Università degli Studi de L’Aquila. E’ la corrispondente in Italia della rivista francese «L’Ecran fantastique e collabora con diverse testate italiane e non (ha una rubrica intitolata “Ennio & Co”, sulla musica da film, ogni tre settimane, su «Alias», il supplemento del «Manifesto» e ha fatto parte della redazione della rivista francese oggi scomparsa «Cinéfonia magazine» che trattava unicamente di colonne sonore e di compositori di musica applicata al cinema). E’ stata collaboratrice di Francis Vanoye per Profession reporter de Michelangelo Antonioni (Parigi, 1993) e di Antoine de Baecque per la Petite antologie des «Cahiers du cinéma» in nove volumi (Parigi, 2001). Ha curato La politique des auteurs (Roma, 1999), il libro-interviste Il cinema horror in Italia Roma, 2001) e volumi su Lars von Trier (Roma, 1998) e Dario Argento (Roma, 2001). Ha collaborato al libro collettivo L’eccesso della visione – Il cinema di Dario Argento (Torino, 2003). Cura dei DVD per la Rarovideo/Minerva (Von Trier, Godard, Chabrol, Tavernier, Corneau, Zulawski, Schroeder, Vadim…). Ha collaborato con il Festival del Nuovo cinema di Pesaro e con Sulmonacinema, dove cura una sezione intitolata “Soundtrack”.

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A Modena, il “Miglio Comico Lab.”

Ricevo e pubblico (dacché a Thule teniamo sempre ben presente quanto faccia bene ridere!), allegando un gustoso ed esemplificatore video!

I giovedì con cadenza bisettimanale
le serate del MIGLIO COMICO Lab.
al TEATRO DELLA CITTADELLA
P.za Cittadella – Modena

Il Laboratorio di Improvvisazione Comica “Miglio Comico” è una degustazione di risate, è un appuntamento di sperimentazione comica, dove giovani comici provenienti da tutta l’Emilia Romagna, metteranno in scena il loro repertorio attraverso personaggi, sketch comici e battute di ogni tipo, coadiuvati da DADO TEDESCHI autore di MAI DIRE.
In questa nuova edizione si alterneranno sul palco…:
…Corrado Boldi; Simone Olivieri; Marco Mengoli; Magic Francesco; il Duo Torri; Mago Leo; Dedio; Tommaso lo Russo; Antonio Innocente; Pier Paolo Paganelli; Marco Mezzetti; Francesco Abbracciavento; Nadia Severi; i Manico Sport e tanti altri…
Il Laboratorio AVRA’ UN COSTO D’INGRESSO DI 5 EURO, si terrà i giovedì,
con cadenza bisettimanale a partire dalle ore 21.30, dall’11 ottobre al 20 dicembre 2007.
Prossimo appuntamento, dunque: Giovedì 8 Novembre, ore 21.30
Inoltre è on-line il nuovo sito della Miglio Comico Produzioni: www.migliocomico.it

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A Bologna, De Giovanni + Lauretti

N.B.: questo post inaugura la nuova sezione Di cose belle, nella quale verranno ospitate iniziative artistiche, culturali, ricreative e quant’altre che sappiano ricercare e offrire il senso del bello nel tempo contemporaneo, dunque non soltanto con accezione meramente estetica ma assai più generale, complessiva e attinente al presente, appunto.
Così pubblico con piacere quanto ricevuto via posta elettronica (e chiunque vorrà essere ospitato in questa sezione potrà fare altrettanto, via e-mail o con una segnalazione tra i commenti della stessa).

Mostra: Doppia personale di Matthew Lauretti e Luigi De Giovanni
A cura di: professor Franchino Falsetti
Con il patrocinio di: Giraldi Editore
Sede: Galleria d’Arte 18, via San Felice 18, Bologna
Inaugurazione: 27 ottobre ore 19.00
Periodo: 27 ottobre – 7 novembre
Orari: dal lunedì al venerdì, dalle 10.30 alle 18.30, Sabato dalle 15.30 alle 19.30
Ingresso: gratuito

Compie 10 anni la Giraldi Editore, un decennale costellato di successi con 350 autori tra i nomi più noti del panorama della scrittura in Italia come Giorgio Celli e Francesca Mazzucato. E proprio in occasione di questo anniversario così importante, Cristiano Giraldi apre ancora una volta gli spazi della sua Galleria 18 (via San Felice, 18), sabato 27 ottobre alle 19.00, per ospitare l’inaugurazione di una doppia personale: Matthew Lauretti e Luigi De Giovanni. Due artisti appartenenti a generazioni molto diverse, ma entrambi contraddistinti dalla sperimentazione.

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Luce e materiali: questi gli elementi su cui si concentra l’opera di Matthew Lauretti, bolognese con origini newyorkwesi e artista noto per le sue immagini in continuo movimento, cangianti e raffinate. Una pittura misteriosa, in cui l’arte sembra recuperare il suo ancestrale ruolo sciamanico. È un eccellente creativo Matthew Lauretti, che si affida alle potenti facoltà immaginative dell’inconscio lasciando fluire un gesto pittorico libero e incondizionato. Un rapporto estasiante e non estetico con il soggetto rappresentato il suo, il medesimo che portò le cultura arcaiche alla nascita dell’arte. I Territori dipinti all’inizio del 2000, infatti, sono sperimentazioni di una tecnica ricca di rimandi rituali ispirati ai sandpaintings dei Navajo. Riferimenti naturalistici interpretati come elementi di una poetica animista sottolineata in titoli come “Where is the bird” e “What Field”. Dopo i Territori, le Teste, simili a totem: opere in cui il colore diventa un’esplosione fauve e il segno si fa ancora più espressionista. Una vera e propria alchimia pittorica in cui l’artista ha riprodotto anche effetti tridimensionali, giunta ad effetti spettacolari con “The Fable of…” del 2006. Alcune di queste opere saranno in mostra in Galleria, insieme a delle nuove ed originalissime creazioni realizzate con degli indumenti.

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Leccese, allievo del maestro Avanessian, è un frenetico itinerario geografico quello di Luigi De Giovanni. Una parabola internazionale che lo ha visto protagonista nelle gallerie di tutto il mondo: da Roma a Madrid, fino a New York. Un mondo racchiuso tra colori e tele quello di De Giovanni, con un percorso del tutto peculiare iniziato sin dall’infanzia e proseguito, in gioventù, con le creazioni ribelli legate agli anni della contestazione studentesca. In quel periodo, dopo un diploma in Scenografia all’Accademia delle Belle Arti di Roma, De Giovanni dipinge i serragli del vivere: i palcoscenici dove scale e barricate parlano di rincorse al potere. Quindi inizia a delinearsi il suo percorso: una pittura drammatica ed espressionista con cui ritrae paesaggi realizzati nelle campagne e nudi. Il suo soggetto resta sempre la contraddizione della società e i turbamenti dell’essere, ma il suo amore per la ricerca lo conduce ad una sperimentazione continua tanto che, negli anni ’70 e ’80, inizia a dipingere con le tempere all’uovo che gli consentono un impatto molto forte e violento e, a partire dal 1988, prosegue con tecniche miste utilizzando materiali di scarto. A questo periodo risalgono le sue famose opere realizzate con i jeans, indumento simbolo della contestazione sociale.

Ufficio stampa: ParkInMedia/Studio Caliceti Tel. 051/5870818 – 5873602
Contact: Fabiana Salsi – fabiana@studiocaliceti.it
http://www.studiocaliceti.it

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Sport?

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(immagine tratta da ilcampo.splinder.com/archive/2004-10)

Da sportivo appassionato e, in passato, scarso agonista della domenica, quando guardo oggi a cosa è in generale lo “sport” propriamente detto, mi coglie un misto di tristezza e disgusto: tra polemiche, litigi, idiozie mediatiche assortite, denunce, giri di denaro leciti raramente, spesso illeciti, indagini giudiziarie, doping invincibile… Ormai, per certi campionati sportivi, andare ad assistere ad un loro evento è come andare contemporaneamente: a un dibattito politico, a una sfilata di moda, ad una riunione d’un club di cafoni, a una battaglia tra fazioni rivali, a una seduta di borsa, ad una lezione di farmacologia, in un luogo di spaccio di sostanze illecite… Proporrei perciò una cosa: sostituire alla classica definizione di sport, ad esempio come questa, che traggo da Wikipedia:
“Lo sport è l’insieme di quelle attività, fisiche e mentali, compiute al fine di migliorare e mantenere in buona condizione l’intero apparato psico-fisico umano e di intrattenere chi le pratica o chi ne è spettatore.”, questa nuova definizione:
Sport (accezione contemporanea diffusa): prodigiosa attività minimamente fisica per la quale, con il solo giro di somme di denaro e di innumerevoli parole generalmente insulse, alcuni individui possono indurre e condurre tanti altri, denominati “sportivi”, “atleti” o “agonisti”, a praticare diversi tipi di discipline sportive con massimo “impegno”, il tutto al fine di occupare cospicuamente o meno i palinsesti dei canali televisivi, ed attraverso ciò ricavarne un certo tornaconto più o meno materiale, indipendentemente dall’effettivo valore della prestazione sportiva indotta. Resiste invero una minima quota di attività sportiva agonistica che riesce ancora a prescindere dalla regola generale sopra esposta, ma per questo affrancamento ingenera in sé il difetto di essere troppo autentica, nel suo senso e valore sportivo, e dunque corrompente la regola stessa ed i suoi effetti pratici, dacché questa si basa ordinariamente su una ulteriore regola la quale impone che più uno sport si allontani e si dissoci dalla sua sostanza e dal valore originario, più risulti consono e adeguato al rispetto della regola generale esposta, e dunque più potrà essere minima l’attività primaria, massimo l’uso di denaro e di parole insulse, maggiore e migliore l’induzione degli “atleti” e infine più massmediatica la loro “prestazione sportiva”, con il relativo proficuo tornaconto. Quindi, la regola secondaria è così esprimibile: il senso e il valore autentico di uno sport è inversamente proporzionale alla sua popolarità e al tornaconto (di varia natura) da esso generato”.
Mi pare quanto meno più realistica e credibile…

P.S.: fortunatamente, esistono ancora nicchie di più sana sportività a questo mondo: ad esempio, una squadra d’un massimo campionato professionistico nazionale, il cui modus operandi (e cogitandi) sportivo permette a un giocatore di rinunciare alla sua carriera per aprire un’impresa di pulizie! Ve ne racconterò a breve, d’un tale prodigio…

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Luca Arnaudo, “Atelier Nord”

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Attenzione, avviso importante: questa “recensione” è inevitabilmente di parte, essendo il sottoscritto da poco tornato dai luoghi soggetto del volume di Luca Arnaudo, giovane (1974) saggista, scrittore, traduttore, giurista e critico d’arte, conosciuto grazie ad un articolo a sua firma sulla stupenda rivista Exibart… Sarà per tale fatto che questo Atelier Nord (uscito per le edizioni Nerosubianco di Cuneo) mi è sembrato così bello e intrigante? Il libro è sostanzialmente una sorta di diario di viaggio d’una Estate in Norvegia, tra Oslo e le isole Lofoten, frammentato in tanti momenti colti tra luoghi, cose e persone incontrate e frammezzato da componimenti poetici dello stesso Arnaudo, con i quali egli cerca di cristallizzare certe emozioni provate in quei momenti narrati – e voglio dire subito (senza fare, per carità, il critico a indice puntato per essere anch’io un produttore di rime) che queste poesie, quasi sempre brevi o brevissime, non mi sembrano niente di che, poche escluse e in particolare l’evocativa Sognsvann IV; tuttavia in un’opera del genere gli intervalli poetici sono una scelta appropriata e suggestiva, e comunque non riescono a inficiare il valore che nell’opera ho riscontrato, la cui base ideale di partenza è già espressa dall’autore nelle pagine iniziali: “Si può intendere anche così, il Nord: una raccolta intimità della mente, un luogo dello spirito dai confini mobili e variabili (…)”. Verissimo, dacché constatato di persona: lassù c’è qualcosa di diverso, le cose del mondo “solito” prendono a mutare, cambiano o meglio affinano forma ed essenza, ricuperano un valore originario, ancestrale, cominciano a tendere all’apice polare, l’assoluto terracqueo, sfrondandosi di ogni artificiosità per ritrovare la propria purezza primigenia… A sua volta Arnaudo vuole constatare personalmente, da critico d’arte, perché così tanti artisti si stabiliscono a Nord, “(…) seguendo in un’aria più tersa e chiara la via che hanno scelto, fino a giungere a un’estetica di silenzio: un ramo d’acqua, rumore di foglie, fiori della neve”, e questa ricerca è, come dicevo, la causa prima del viaggio e, soprattutto, il senso verso cui la narrazione punta. La Norvegia, entità statale esemplare di un concetto generale di civiltà norrena, è in effetti uno dei massimi esempi di luogo vivo di arte, ovvero vivente una vita artistica nel concetto più filosofico del termine: arte è la Natura, arte è il confronto e l’armonia tra essa e l’uomo, arte è l’arte vera e propria – che Arnaudo fa’ rappresentare dal celeberrimo Urlo di Munch e da una disquisizione “critica” (ma non solo) sulla stessa opera – e arte è il rapporto inevitabile tra essa e l’uomo in tali luoghi ove, nelle sue diverse forme, è così presente, e per la cui comprensione l’autore incontra tra gli altri un bizzarro gallerista delle Lofoten e un noto quanto sobrio artista di Oslo. Ma non mancano appunti da diario di viaggio “consueto” seppur molto originale, dacché la Norvegia è anche terra di viaggio, di lunghe distanze, di nuovi orizzonti da scoprire oltre ogni valle, ogni montagna, ogni baia o fiordo, di persone/personaggi “diversi” da incontrare e conoscere. E, ormai quasi alla fine dello scritto, Arnaudo sembra confermarsi d’aver trovato quanto cercava, nonché il senso della sua scrittura: “Del tempo resta infine la memoria. Il Nord è luogo adatto a raccogliersi, riflettere, sentire e a volte tracciare qualche linea di questa memoria misurando la propria voce (…)”. Un libro veramente bello, mite ma anche evocativo, che riesce a cogliere bene l’essenza di una parte di mondo particolare, appunto, ancora (fortunatamente) poco intaccata dalla più biecamente contemporanea civiltà e che, per questo, regala un “supporto” ad una ricerca interiore – di pace, di gioia, di serenità, di forza, di spiritualità, d’arte, di vita – raro e prezioso; certamente consigliabile, e non come fosse un “normale” libro di viaggio (che non è) a chi è stato a Nord, a chi ci vorrebbe andare, e a chi vuole conoscere un’esperienza di valore intenso, e non solo individuale – sarò anche di parte, ma assolutamente sincero…

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Un paese di smemorati…

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A Thule si fa veramente fatica a capacitarsi di come, su questioni sovente di capitale importanza, e comunque di diffusa e frequente discussione e dibattito pubblici, ci si dimentichi totalmente di parti fondamentali di realtà e verità che sono alla base di quelle questioni: si ignorano, si tralasciano ingenuamente, stoltamente o consapevolmente, palesando una malafede e un’ipocrisia da sudditanza medievale… In Italia questo succede da mesi a riguardo del cosiddetto indulto, e con maggiore veemenza ogni qualvolta un “indultato” abbia dimostrato di non aver molto ben compreso la presunta magnanimità alla base del provvedimento, con danni a volte assai tragici: clamori, discussioni, proteste, contestazioni, colpe scagliate a quello o a quell’altro… Un gran vociare solo apparentemente “generale”, invero alquanto parziale: se ci si prefigge di salire su un monte per poter osservare il più vasto panorama possibile, ci si sale e poi, di lassù, si osserva solo in una direzione: che senso logico può avere una cosa del genere? E quanto poi diviene pure bugiarda se, una volta discesi dalla vetta, si dichiara di aver osservato il panorama a 360°, dimenticandosi di ciò che invece (non) si è in realtà fatto?
Insomma, per tornare alla situazione italiota: quanti, inorriditi da fatti tragici correlati a “indultati”, non hanno anche saputo trasalire per chi invece ha pubblicamente dichiarato un’idea del tutto contraria eppure sbandierata ai quattro venti (leggi: ai principali mass-media nazionali)?
Memoria corta, cortissima, eh?!…
O paura a dire le cose come veramente stanno?… Meglio sudditi che liberi, forse?
Leggete qui, smemorati, e rimembrate, altrimenti il vostro vario dissenso (ma anche, nel caso, il consenso) non sarà che il solito parlare a vanvera…

P.S.: mi scusi sentitamente il simpatico equino che appare nell’immagine in testa a questo post: sfrutto solo il luogo comune usualmente legato al suo nome, ma so bene come, purtroppo, molti umani dimostrino spesso capacità intellettive inferiori a quelle del morigerato ragliante…

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Terra Glacialis X

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Non è un vero e proprio “libro” quello di cui vi voglio parlare oggi, anche se del libro ha la consistenza materiale e di contenuti, e soprattutto la sua lettura è affascinante come quella d’un libro classicamente detto… Terra Glacialis è la rivista a cadenza annuale del Servizio Glaciologico Lombardo, e quest’anno festeggia la sua decima uscita – ovvero il decimo anno di esistenza: lo ribadisco e ve lo assicuro, la sua lettura è ben più intrigante di quanto si potrebbe ritenere, nonostante la sua netta specificità, certamente non usuale, quasi di frontiera… Embé – forse obietterà qualcuno – i ghiacciai sono quei “cosi” di neve e ghiaccio appunto che stanno sulle montagne… Che ci sarà di tanto interessante? Rispondo: la rivista ha anche un sottotitolo assai rappresentativo, Annali di cultura glaciologica, da cui traspare evidente lo scopo, tra gli altri, di perseguire la diffusione di una cultura molto poco conosciuta e tuttavia di lunga storia – scientifica, antropologica, folcloristica… Lo posso capire, quegli ammassi di ghiaccio annidati tra le cime alpine a quote elevate non possono certo destare l’interesse e la suggestione dei – un esempio tra i tanti – vulcani, eppure la loro conoscenza è fondamentale oggi, in questo tempo di mutamenti climatici dai potenziali tremendi effetti… Il ghiacciaio è un elemento vivo, è forse quanto di non “tradizionalmente biologico” che più si avvicina ad un concetto elementare di vita – non per nulla nel medioevo, quando la montagna era ritenuto una sorta di reame diabolico abitato da creature ostili all’uomo, i ghiacciai venivano spesso raffigurati come enormi draghi che dalle cime serpeggiavano a valle aprendo le proprie spaventose fauci (i seracchi delle fronti) a scatenare il terrore degli uomini; tuttavia essi, da un punto di vista più razionalmente scientifico, sono uno degli elementi del paesaggio che più palesemente e rapidamente reagisce ad ogni minima variazione climatica, sia su scala locale che planetaria: infatti nel presente il loro drastico ritiro sta segnalando senza mezze misure l’aumento della temperatura media del pianeta, la variazione climatica più evidente che stiamo subendo… Ma il ghiacciaio, a mio parere, possiede anche un grande fascino estetico: l’essere al suo cospetto, osservarne la superficie, le sue corrugazioni, i suoi colori, udire il suo rumore, dona una sensazione veramente forte, proprio come l’essere di fronte ad un elemento vivo ma non più malevolo come le leggende medievali facevano credere e semmai possente, regale, paganamente sovrannaturale… Ma al giorno d’oggi visitare un ghiacciaio significa quasi sempre, purtroppo, anche percepire la sua sofferenza, la sua lotta sempre più difficile contro il clima impazzito: pochi probabilmente considerano che i ghiacciai sono le più grandi riserve di acqua dolce, ovvero potabile, a disposizione di milioni di persone: se dovessero scomparire (come molti temono) la possibilità di dissetare esseri viventi e terreni verrebbe solo dalla pioggia (che alimenta poi anche fiumi e laghi), e ahinoi la diminuzione delle precipitazioni piovose è un altro dato preoccupante del clima contemporaneo…
Quella di Terra Glacialis non è sicuramente una lettura semplicissima – anche se sono rari gli articoli prettamente tecnico-scientifici che richiedono al lettore una minima preparazione in materia – e offre invece in molte sue parti resoconti di vario genere assolutamente interessanti, spesso illuminanti (quelli, ad esempio, di analisi dei dati meteorologici, grazie ai quali anche il neofita può comprendere bene come avvengono certi mutamenti del clima), a volte per quanto sopra detto un poco inquietanti ma anche incuriosenti, per come sanno rendere l’idea della vitalità di un ghiacciaio e dell’importanza fondamentale della sua presenza nel nostro paesaggio, e per come possono far conoscere cose sorprendenti e nondimeno poco risapute; il tutto con riferimento non solo locale ma anche internazionale, con approfondimenti di carattere storico, ricerca di massima chiarezza e comprensibilità e foto suggestive… Lo ripeto: una lettura “particolare” ma che potrebbe risultare più intrigante di quanto si potrebbe pensare! – e consigliabile ancor più da un blog di origine thuleana, che dunque non può che avere a cuore il ghiaccio e quanto di climaticamente ad esso attinente…
Terra Glacialis Anno X – 2007 è acquistabile (come le precedenti uscite) dal sito della Società Meteorologica Italiana, ammirevole ente scientifico (il presidente è Luca Mercalli) da non accostare ai meteo-cialtroni che “prevedono” a vanvera in TV (chiosa necessariamente polemica, pardon!)…

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Agire, o di ottusità perire…


Gli orizzonti di Thule rimandano ben forte chiara la eco dell’indignazione e della protesta di cui si fa promotrice e divulgatrice Anti Digital Divide, associazione di utenti internet e TLC contro chi vorrebbe risprofondare l’Italia all’età della pietra, probabilmente per i soliti fini di miglior dominazione a favore di quelli per i quali tali denigratori lavorano (o sono sottoposti e si fanno sottoporre da bravi galoppini)… E’ inutile che qui io vi spieghi di che si tratta, dacché la vicenda è assai ben illustrata nel sito dell’associazione al quale i link vi rimandano; semmai vorrei riservare tutto il mio impegno nell’invitarvi caldamente a firmare la petizione, un gesto di grande libertà non solo in sè ma soprattutto per quanto può significare e valere.
Aggiungo solo due brevi considerazioni: uno, se va avanti così, la Repubblica Vaticaliana non dovrà più ambire a diventare a tutti gli effetti uno stato del Terzo Mondo, dacché tale virtù la conseguirà honoris causa; due, leggere della vicenda mi da’ tristezza soprattutto per Giampiero Mughini, una persona che per molti versi credevo di poter stimare e che avevo apprezzato in molti suoi passaggi giornalistici (quelli autentici, intendo); ma leggere da lui “pensieri” tipo (riferendosi a Beppe Grillo e in generale del valore socio-culturale del web nel tempo presente) “è il frutto della subcultura propria a internet, del linguaggio insolente e beffardo (ma soltanto quello) di generazioni ormai ignare del linguaggio dei giornali e dei libri, e bensì esperte in sms e e-mail che più spicce e più rozze sono meglio è“, mi fa temere che, o Mughini non ha capito assolutamente nulla della realtà comtemporanea, oppure teme terribilmente di perdere certi privilegi di casta che il misero status quo italiota gli garantisce, ovvero più semplicemente la presenza in luoghi televisivi di altissima aulicità culturale come Controcampo (non tanto per la trasmissione e per chi la fa, ma per ciò di cui tratta) gli sta creando qualche problema a livello percettivo…
Fin qui l’ovvio e doveroso sostegno all’iniziativa di Anti Digital Divide (peraltro, ci tengo a sottolinearlo, associazione che probabilmente in un paese veramente civile e avanzato non avrebbe ragione di esistere)… Tuttavia, l’illuminante saggezza thuleana indica un’altra visione e considerazione della questione, e consiglia un metodo da secoli assai buono ad affrontare cose del genere: riderci sopra! Una sana, bella grassa, sarcastica risata rivolta ai personaggi coinvolti! Gettano fango sul web, su chi lo utilizza, su che ne ha intuito tutte le potenzialità? Bene, facciano pure! Anzi, si concedano loro ancora più spazi di espressione, per esternare i loro pensieri, le opinioni, le sentenze formulate! Il mai troppo riverito Voltaire, quando diceva di non essere d’accordo con l’opinione altrui ma di fare di tutto per far sì che essa potesse essere espressa, ha scolpito nell’imperitura saggezza umana due grandi verità: l’una è quella, papale papale, che quel motto esprime, l’altra è data da che la massima libertà di espressione sarà sempre il mezzo migliore attraverso cui mettere in evidenza la stoltezza di tanti… Dicano pure, quelli, ciò che vogliono: le loro parole costruiranno la stanza piccola e buia entro cui si rinchiuderanno con le proprie stesse mani…

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Archiviato in D'inevitabili sarcasmi, D'ira