E’ veramente un Safari Artico quello nel quale Jørn Riel ci guida in questa ulteriore raccolta di skrøner editi da Iperborea, nella traduzione (e introduzione) di Silvana Lucia Convertini, con il suo consueto stile molto “nordico” – ironico, tranquillo, affabile e brillante… Lo skrøne è una tipica forma di racconto danese posta giusto a metà tra la realtà e la fantasia, spesso fatta da una base di eventi realmente accaduti sulla quale la fantasia del narratore ci aggiunge del suo, così appunto da sospenderla in un ambito particolare e renderla indefinitamente tanto possibile quanto inverosimile… E’ lo stesso autore danese (del quale ho già letto La Vergine Fredda, opera di identica natura) a dare la propria definizione di skrøne, citato nell’introduzione: “E’ una verità che potrebbe essere menzogna e una menzogna che potrebbe essere verità. Nessuno può saperlo, e io meno degli altri”.
E, per una forma di narrazione del genere, scenario assolutamente ideale è il Nord della Groenlandia, territorio tra i più inospitali e selvaggi dell’intero pianeta, animato (in senso “umano”) soltanto da rarissime stazioni di caccia abitate da bizzarri personaggi, giunti lì certo per cacciare ma, soprattutto e ben di più, per tutt’altri motivi: starsene in solitudine, diventare coraggiosi “eroi polari”, vivere nel bel mezzo della Natura più sublime e ostica, ritrovare sé stessi ovvero perdersi definitivamente, lontani da qualsiasi altra parvenza di civiltà… Riel ha conosciuto bene tale mondo, avendolo vissuto per 16 lunghi anni, e narra la vita, le avventure e le peripezie dei cacciatori delle stazioni sulla costa nordorientale groenlandese con uno stile – lo ribadisco – assolutamente e meravigliosamente nordico: dai suoi racconti escono i divertenti ritratti di personaggi tanto simpatici quanto burberi, festaioli a volte e solipsisti – quasi misantropi – in altre, che poco hanno degli “eroi” leggendari di tanti racconti epici ma tanto hanno di “umano” nel senso più ampio e positivo del termine… Una umanità che fuoriesce dai loro animi ricoperti di dura scorza vitale quasi inevitabilmente, necessaria a vivere – o meglio, a sopravvivere – in un ambiente di bellezza struggente ma anche tremendamente ostile, in solitudine o con l’aiuto di pochi, e l’esigenza primaria di cavarsela in ogni situazione, prevedibile e imprevedibile… Mads Madsen, Herbert, il Bjørk, il capitano Olsen che una volta all’anno (due in casi eccezionali) arriva sulla costa con la sua nave per portare i rifornimenti – e riportare, per qualche attimo, la “civiltà” del resto del pianeta – e tutti gli altri personaggi delle storie di Riel formano, con l’intreccio delle loro singolari avventure, una specie di “telenovela artica”, veramente coinvolgente da leggere anche per il fatto di avere, come sfondo naturale, un paesaggio sublime, scintillante di ghiacci azzurri e di plumbee acque marine, fatto di vastità incommensurabili, di silenzi assoluti, di forze naturali indomabili: una Groenlandia che Riel descrive in maniera assai coinvolgente, in tal modo regalando alle sue storie un valore aggiunto di grande potenza… E viene la voglia di vedere quello che gli occhi dei protagonisti di Safari Artico vedono: il mondo in uno delle sue condizioni più pure e primordiali, un ambito nel quale veramente poter ritrovare sé stessi senza alcun altro disturbo, e per il quale sentirsi pienamente vivi – l’unico modo, probabilmente, per non farsi vincere dalla durezza implacabile di quella Natura dominatrice.
Libro assolutamente consigliabile – ma il blog è di parte: le terre narrate da Riel sono quelle dove si trova anche Thule…