Più si va’ a Nord, più ci si addentra sostanzialmente, anche se non ufficialmente, in un’altra nazione: Sapmi, cioè la Lapponia, la terra dei Sami ancora troppo conosciuti come “Lapponi” – troppo ovvero purtroppo, dacché il termine “lappone” aveva (e forse ancora ha, per qualche norvegese “imperialista”) un’accezione dispregiativa, col significato di “vestito di pezze”, cioè “pezzente”… I Sami in realtà sono i veri indigeni delle terre oltre il circolo polare artico, cugini degli altrettanto noti Inuit (gli Eschimesi), popolo che solo da pochi anni si è visto riconoscere uno status di “comunità” autonoma seppur, come detto, sempre nell’ambito nazionale norvegese, vuoi anche per la propria indole pacifica e un poco introversa che li ha visti accettare senza rivolta alcuna le dominazioni che via via assoggettavano il proprio territorio: ciò ha indubbiamente impedito la nascita di uno stato Sami, come detto, viceversa però ha forse aiutato la conservazione della propria cultura, almeno fino a che il progresso tecnologico moderno non è diventato fin troppo invadente anche a queste latitudini… Beh, con mia grande fortuna il primo contatto con la cultura tipica Sami avviene grazie ad un pranzo tradizionale a Gildetun – un valico dal quale la strada scende verso il grande fiordo di Kvaenangen – pranzo che definire squisito è poco! Lode suprema ad uno spezzatino di renna con marmellata di more, lamponi o che altro di simile: il pensiero dell’accostamento di due sapori così diversi potrebbe di primo acchito disgustare, invece il mescerli insieme – grazie anche alla bontà propria della carne di renna, molto gustosa e delicata – crea un qualcosa di tanto insolito quanto veramente succulento…
Si riprende il viaggio tra infiniti fiordi, tutti uguali (al mio occhio forestiero) e tutti ugualmente splendidi, e ci si inoltra in una zona che – sarà la meteo che cambia di continuo, sarà il gioco di luci tra acque marine, lacustri, rocce, ghiacciai, sarà che veramente una qualche magia trasforma questi luoghi… – pare essere una sorta di fabbrica di arcobaleni! Ce ne sono ovunque, tanto che dopo un po’ di tempo ci si stanca anche di fotografarli, e come se servisse, il loro baluginare effimero a così bassa quota accresce a dismisura il fascino di questa zona… Certo che, se fosse vera quella leggenda che assicura vi sia una pentola d’oro al termine di ogni arcobaleno, sarebbe così bizzarramente svelato il motivo della ricchezza dello stato norvegese! Intanto, chilometro dopo chilometro, fiordo dopo fiordo, compare Alta, che coi suoi oltre 9.000 abitanti (e 17.000 sull’intero comune) è una vera e propria metropoli, per la latitudine in cui si trova! La città – che effettivamente è la più popolosa prima di Capo Nord – è divisa in due agglomerati principali, l’uno residenziale e l’altro direzionale/ commerciale (praticamente, c’è un’Alta “alta” e un’Alta “bassa”!) e occupa un tratto di litorale lungo oltre 15 chilometri: fate due conti, 9.000 abitanti sparsi su una tale distanza, considerando pure l’entroterra, in buona sostanza l’abitante di Alta il proprio vicino di casa quasi non lo vede neppure!
La città è nota soprattutto per due cose, apparentemente diverse ma nel senso piuttosto accostabili: è sede delle più antiche incisioni rupestri della Norvegia, risalenti a 8.500 anni fa e proclamate Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO (bellissime da vedere, e interessante l’annesso museo con ambienti dedicati alle aurore boreali, alla II Guerra Mondiale e alla storia delle popolazioni locali) e inoltre rappresenta un luogo simbolico per il popolo Sami, dacché negli anni ’70 del Novecento il progetto di costruzione di una grande diga che avrebbe sommerso territori da essi in uso ne provocò la prima vera ribellione verso il governo centrale norvegese, e diede il via al riconoscimento effettivo della specificità antropologica, culturale e in parte istituzionale dei Sami… La nostra guida ci rivela con un certo entusiasmo che siamo fortunati, il nostro hotel è proprio in centro ad Alta, wow!… Ehm… Il centro di Alta: l’hotel, un paio di centri commerciali, il municipio, un grande parcheggio, qualche altro squadrato edificio di incerta destinazione… Chiediamo a dei giovani indigeni dove si possa andare a bere qualcosa, in città, e così scopriamo che la metà quasi dei locali cittadini sono nel nostro hotel (due, un lounge bar e un night)! Ma a parte ciò, nota di merito va’ all’hotel stesso, un piccolo gioiello di design contemporaneo quassù in mezzo alla tundra, roba che dalle nostre parti si può trovare (forse) solo in una grande città…
Ok, è ora di rompere ogni indugio ed arrivare dove la terra consente di arrivare, Nordkapp! La strada verso Hammerfest attraversa il Sennalandet, ovvero quanto di più simile alla più celebre Patagonia si possa trovare in Europa, un altopiano senza un albero pur minuscolo e punteggiato di laghetti nel quale gli orizzonti sembrano allungarsi a dismisura puntando verso l’infinito per congiungersi con un cielo le cui striature nuvolose contribuiscono a dilatare la dimensione spaziale… Sennalandet prende il nome dall’erba (la senna appunto) utilizzata dai Sami come isolante nelle calzature, e infatti il vastissimo altopiano sta prendendo a riempirsi di renne, qui ammassate in branchi smisurati dai Sami stessi in vista dell’ormai quassù imminente brutta stagione… Forse uno dei panorami naturali più suggestivi, salendo verso Capo Nord…
Hammerfest, ufficialmente la città più settentrionale del mondo, è a sua volta una bella sorpresa: 9.000 abitanti raccolti attorno ad una baia affacciata su un orizzonte quasi alieno – alla cui “stranezza” contribuisce non poco l’isola di fronte alla città dove giunge un grande gasdotto dal mare di Barents, e sulla quale svettano alte torri fiammeggianti e gli impianti di imbarco del gas sulle navi apposite – patria principale della Findus (!) i cui magazzini impiegano buona parte dei locali in età lavorativa, Hammerfest è veramente una bella cittadina, dall’aspetto quasi “meridionale”, ricca di negozi, esercizi commerciali, locali di svago e molto animata – forse perché al porto ha appena attraccato un Hurtigruten che ha riversato per le vie il suo carico di turisti? Sarà, ma, lo ribadisco, la città è assai gradevole, come rivela bene il panorama che si ottiene salendo sulla collina appena alle spalle del centro, e dona una certa impressione di cordiale accoglienza, considerando che si è già oltre il 70° di latitudine Nord e che, d’altronde, fuori della città non c’è che il nulla – a parte una invasione di renne, che spuntano da ogni dove e stazionano ovunque, spesso e volentieri direttamente sull’asfalto delle strade e senza dimostrare molta accondiscendenza agli automobilisti che dovrebbero/vorrebbero passare con i propri mezzi…
La strada continua verso nord, attraverso paesaggi sempre più da “fine del mondo”; durante una sosta, dal suddetto “nulla” compare un bambino, età apparente sei, sette anni al massimo, che in perfetto inglese (!!!) ci dice di essere a caccia di frutti tipici, ovvero more, lamponi, mirtilli e quant’altro di ritrovabile qui… Dovrebbe abitare in quella casa laggiù – anche perché di altre case, in vista, non ce ne sono… A quante decine di chilometri abiterà il suo più vicino amichetto o compagno di scuola?…
Ma eccoci ormai di fronte all’imbocco del NordKapp Tunnel, la galleria sottomarina di quasi 7 chilometri che, scendendo fino a 212 metri sotto il livello del mare, unisce l’isola di Capo Nord, Magerøya, con la terraferma; il pedaggio per il transito è piuttosto esorbitante (considerando anche il pedaggio per l’ingresso alla spianata di Capo Nord, un mezzo con 4 persone a bordo arriva quasi a 150 Euro complessivi, e per il tunnel tal gabella si paga all’andata e anche al ritorno!) ma è il tipico sistema norvegese per il pagamento collettivo di un’opera pubblica, grazie al quale tra qualche anno la spesa sostenuta per la realizzazione sarà appianata e il transito diverrà gratuito… Dal tunnel si giunge rapidamente a Honningsvåg, centro principale dell’isola, villaggio di pescatori estremamente “spartano” (quassù la vita quotidiana, nei mesi invernali più difficili, non deve essere certo idilliaca; e l’inverno, oggi 16 Agosto, lo stanno aspettando a breve, visti gli spazzaneve pronti a lato delle strade…) nel quale la maggiore (o unica?) attrazione è l’Artico Bar, l’unico bar di ghiaccio perenne del mondo… Ok, svelo il mistero: non è che anche d’estate qui faccia tanto freddo da non permettere al ghiaccio di sciogliersi! In realtà l’Artico Bar è all’interno di un edificio-frigorifero che lo mantiene ad una temperatura costante di -5°, tuttavia viene rinnovato ogni anno utilizzando il ghiaccio del momento, ricavato da un lago gelato nella zona di Alta, con una particolare attenzione alla “bellezza” di ogni blocco, ricco di striature lasciate dalla miriade di gocce d’acqua nel processo di congelamento tanto da ricordare le venature del marmo… Molto “turistico”, ma anche assai simpatico e suggestivamente artico, vista anche la stagione!
Bene, deposito bagagli presso l’insolito hotel che ci ospita (pur confortevole, è un complesso prefabbricato utilizzato in origine per l’alloggio degli atleti durante le olimpiadi invernali di Lillehammer del 1992, indi smontato da laggiù e rimontato quassù, in mezzo alla tundra spazzata da un vento gelido) e via, verso Nordkapp…
Capo Nord, 71°10’21” N, luogo mitico come pochi altri al mondo, meta ineluttabile di esploratori, viaggiatori, scienziati, sognatori, utopisti, stravaganti d’ogni sorta… Ho letto molto su questo luogo, e spesso con accezioni in un certo qual modo “negative”: non è niente di che, solo una montagna che all’improvviso precipita nel mare, troppo turistico, reso troppo banalmente commerciale e via di questo passo… Ingenue esagerazioni, a mio parere: certo, l’assembramento che vi si trova nel periodo del Sole di mezzanotte sarà assai poco affascinante e da “fine del mondo” – e da questo punto di vista noi perdiamo lo spettacolo solare notturno, visibile fino a fine Luglio, ma lo troviamo molto meno affollato e più vivibile; nel centro visitatori (con ristorante/bar, cinema sotterraneo, esposizioni varie, immancabile shop) avranno pure prezzi fin troppo elevati, ma quale luogo turistico ovunque nel mondo non presenta una tale peculiarità? Eppoi, insomma: una località così suggestiva e “mitica”, come detto, che rappresenta una meta per centinaia di migliaia di visitatori ogni anno (peraltro tutti concentrati in 3/4 mesi di stagione) come doveva essere? Totalmente spoglia come un deserto artico? O al contrario ricolma di hotel, ristoranti, locali pubblici e negozi?
In fondo Capo Nord è Capo Nord, la sua essenza è già tutta nella sua sostanza, nell’essere una delle “fini” del mondo emerso, uno dei suoi limiti e dunque dei suoi apici: oltre il ciglio della scogliera a picco sul mare di Barents non si può andare, lo sguardo si perde nel nulla in cui acqua e cielo si confondono e si fondono, la fantasia vola verso quel nulla alla fine del quale c’è solo il Polo Nord… Che poi in un tale luogo si possa bere un caffè come in un bar di Oslo o di Roma o che si possano comprare i soliti ammennicoli turistici come in qualsiasi altro negozio di souvenir, a mio parere conta molto poco; per il momento, e nonostante i tempi in cui viviamo, è ancora la dimensione geografica a definire il pianeta sul quale stiamo: e in questo senso Capo Nord è uno dei punti fondamentali di questa nostra geografia…
E comunque il luogo è meraviglioso, Natura allo stato puro e primordiale – almeno per il vento di tipo hymalaiano che tira, e che fa’ rischiare alle persone più leggere di essere sollevate e portate via da un momento all’altro; anche la strada per giungervi è una piccola esperienza, per il paesaggio bizzarro che attraversa (da noi se ne può vedere di simile solo se prossimi ai 3.000 metri di quota) e per il percorso in sé, in certi tratti da brivido (tanto che per giungervi dall’hotel il bus cambia autista, facendosi pilotare da un locale: la strada è bella e ampia, ma un bus è grosso, e certi ripidi pendii a picco su laghi blu cobalto che essa taglia, o alcuni tratti in forte salita fino al colmo di un dosso a cui segue un’altrettanto forte discesa sono da autisti piuttosto scafati…); e lasciare che, come dicevo, lo sguardo si perda nel colore metallico che si genera tra il mare e il cielo sapendo che, laggiù, non c’è null’altro che il Polo e poi stop, il mondo è “finito”, è una sensazione che sarà pur condizionata da mere influenze turistiche, ma è comunque straordinaria, e assolutamente da vivere almeno una volta nella vita… E questo vento così gelido e sferzante, in fondo, lo trovo perfettamente adatto al luogo, sembrando che ci voglia dire coi suoi ululati: ehi, in questa parte di mondo siete più vicini di chiunque altro al Polo Nord, quassù comanda ancora la Natura, non l’uomo, non dimenticatevelo!… Per di più, se il tempo fuori è inclemente tanto da non lasciarti alla contemplazione dei luoghi, dentro, nel cinema sotterraneo, si può vedere lo spettacolare video su Nordkapp del regista norvegese (di origine italiane) Ivo Caprino, su maxi-schermo da 225 gradi di ampiezza con effetto quasi tridimensionale: una visione che lascerà chiunque a bocca aperta e con un ricordo indelebile…
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BOOKNEWS…:
…Il sole è così caldo che le mie labbra bruciano, la mia pelle arde. Il mio corpo è libero. Respiro pace, incendio e natura…
LETTERE A FELICIAN
di Ingeborg Bachmann
In queste lettere d’amore scritte tra il maggio 1945 e l’aprile del 1946, e mai spedite, Ingeborg Bachmann, non ancora ventenne, si rivolge a un Tu imprecisato, a un amico lontano, all’ unico amico, all’ amato, a Felician. Costretta nella casa estiva dei genitori, trova nel colloquio con il suo interlocutore una via per sfuggire ai limiti di una piccola cittadina di campagna. È un grande poeta che per la prima volta prova la sua voce o il primo amore di un poeta di vent’anni? Se la personalità di Felician resta misteriosa, la Bachmann si rivela invece nella sua sottile e delicata potenza. Un libro prezioso, il piccolo capolavoro ritrovato di una grande scrittrice del nostro tempo.
Collana: gransassi
Prezzo: 6 euro
Pagine: 56
Uscita: 25 settembre
nottetempo, via Zanardelli 34, 00186 Roma, tel/fax 06 68308320
www.edizioninottetempo.it
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PROMEMORIA…:
Questa sera, 30 Settembre 2008, ore 21.30,
Modo Infoshop, Bologna:
Rivalutare il dibattito
Roberto Freak Antoni, Dandy Bestia Testoni e Pierfrancesco Pacoda
dibattono sulla ristampa di “Inascoltable”, il primo storico sperimentale disco degli Skiantos.
Al dibattito seguirà una chiacchierata di Freak Antoni sul suo recente ingresso nel mondo del fumetto e una libera schitarrata di Dandy Bestia…
(clicca sul logo di Modo Infoshop per ogni ulteriore dettaglio)